Il giovane attore regista Mario Coco ci racconta del suo corto metraggio Cipria e Caffè che recentemente è stato trasmesso in tv


 

Caro Mario, nel gioco delle parti ti ritrovi seduto comodamente su una poltrona a guardare il corto Cipria e Caffè e ti viene chiesto di raccontare il messaggio che la visione del film ti ha lasciato?
 

 
Mario Coco: Se mi trovo a guardare "Cipria e Caffè" seduto su una poltrona, significa che lo stanno trasmettendo come al solito su qualche tenera tv privata. Dopo la visione il pensiero è quello di aver visto qualcosa di leggerissimo. In fondo tutti i film di ambientazione estiva tendono ad esserlo, anche se il periodo vacanziero resta sempre una delle cornici migliori per poter graffiare sui vizi della nostra società. Credo che anche in "Cipria e Caffè" emerga questo aspetto. I personaggi sono schegge disilluse che si sono perse tra l'appariscenza del cinema e l'amarezza dell'ambiente che li circonda. Il regista che vede una giovane attrice come propria ancora di salvezza è tutto sommato il riflesso pavido delle insicurezze di tanti artisti. Ovviamente non c'è una reale cattiveria di fondo e quindi il termine "leggerissimo" trovo sia il più adatto. E' una di quelle opere che, tornando a casa la sera tardi e facendo zapping, vedi con piacere.
 
Ritornando nei vestiti di regista e autore del corto, quali emozioni provato nel scrivere l’idee in un foglio bianco che poi ti hanno portato a realizzare il corto? 

Mario Coco: Emozioni parecchie. La nascita su carta del cortometraggio ha una storia curiosa. Avevo una grande voglia di girare insieme a Domizia e a Martina, due persone che mi hanno migliorato e alle quali devo parecchio. Durante la lavorazione sono state entrambe meravigliose. Allo stesso tempo "Cipria e Caffè" doveva essere il lavoro che tracciava la fine del lungo sodalizio tra me e Sebastiano Marino. Dopo dieci anni di collaborazione lo abbiamo girato con una certa commozione. Il cortometraggio nasceva in realtà come un possibile monologo teatrale. Mi sono accorto, però, che cinematograficamente funzionava molto meglio. In più ho proposto al mio amico ed eccezionale musicista Attilio Pace di arricchirlo con la sua splendida colonna sonora e ne è uscito fuori un lavoro particolarmente carino, lontano dalle mie solite idee deliranti, ma intimista e sincero.
 
 
 
L’emozioni a volte giocano un brutto scherzo. E così anche per un giovane e bravo regista  come te?
 
Mario Coco: Nella vita di tutti i giorni sì. In ambito artistico, dove bisogna mantenere un certo autocontrollo, è importante saper giocare con le emozioni e renderle qualcosa di più per ciò che si fa. Durante le pause sul set di "Sui Generi" di Maccio Capatonda, io e Matteo Del Campo giocherellavamo in continuazione, ma in realtà era un modo per celare le emozioni. L'ultima volta che ho riportato i miei abiti di scena alle costumiste mi sono commosso perché mi ero seriamente affezionato al personaggio. Un regista che riesce a far emozionare un attore può ritenersi straordinario. Marcello lo è. Detto questo, l'arte ti dà spesso la possibilità di emozionarti. Mi sono emozionato la prima volta che ho incontrato il maestro Paolo Villaggio di persona e non riuscivo neanche a parlare. Mi emoziono quando mi capita di parlare con la dolce e magnifica Eleonora Giorgi. Mi sono emozionato quando Stefano Raffaele venne a trovarmi a
Piedimonte per un mio compleanno. Mi emoziono ogni volta che Nino Frassica mi inserisce in un libro o in un pezzo comico. Mi sono emozionato quando Giorgio Bracardi braccò Marco Giusti e me vicino al bar Vanni raccontandoci aneddoti spettacolari. Sembra strano, ma in fin dei conti mi emoziono anch'io.
Con quali maestri ti confronti non solo nel campo del cinema per mettere in scena le tue idee? E in particolar modo in Cipria e Caffè  
 
Mario Coco: Il primo ad aver visto "Cipria e Caffè" è stato, come accade quasi sempre, Nicola Vicidomini. L'unica persona al mondo ad avere il cortometraggio in dvd è Mary Di Tommaso. Nel mio caso il confronto nasce sempre dopo aver realizzato qualcosa e non prima. I miei maestri sono parecchi e le persone con cui mi confronto poche. Tra queste ci sono Elisabetta Villaggio, persona adorabile e sensibile, la deliziosa Anna Valentino, la grande Natalia Loppi e il mitico architetto Nuccio Mauro. Ritengo maestri Nino Frassica (al quale sono eternamente riconoscente), l'immenso Mario Marenco, i ragazzi di "Stracult" (David, Stefano, Luca, Marco), l'imprevedibile e fantastico Francesco Scimemi e Massimiliano Fabrizi, che appena posso vado sempre a trovare in via Teulada. Inoltre mi piace chiacchierare con Marcela Serli (alla quale devo tantissimo), Mauro Di Francesco, Eleonora Giorgi, Luigi Di Capua, Valeria Usai, i fratelli Meozzi, Tiziano Rea, Fabian Grutt, Herbert Ballerina, Valerio Lundini, Deborah Farina, Renny Zapato, Andrea Schiavi, Paolino Ruffini e Claudio Gregori (Greg). Mamma mia che lista... I miei punti di riferimento principali restano comunque sia Vicidomini che Mary, che nella mia vita rappresentano parecchio. Il mio maestro assoluto, però, è e sarà sempre Paolo Villaggio, dal quale riesco tutt'ora ad apprendere grazie al patrimonio che ci ha lasciato.
Mario Coco
 
 
 
Grazie per il tempo che gentilmente ci hai concesso
 
Mario Coco: Vi ringrazio per l'intervista. E' sempre un piacere.
 
 
 
 
 
 
 

 

Commenti

Post popolari in questo blog

D’argilla e neve di Maria Pina Ciancio: una silloge che racconta la Basilicata

Intervista di Rosario Tomarchio al professor Salvatore Turiano

“Broadway di Giuggiole” di Mario Coco.